Prodi, scendi dal treno

 

di Stefano Lenzi* e Alberto Ziparo**

 

 

L’ampio consenso che si registra attorno alle contestazioni del progetto 

dell’Alta Velocità, Av, in Val Susa e dei cittadini dell’area dello Stretto di Messina 

contro il ponte impone che venga subito inserita nell’agenda politico-istituzionale 

del Paese la questione di una moratoria nazionale. 

L’iter autorizzativo dei progetti contemplati dal primo programma 

delle infrastrutture strategiche va respinto; e si deve tornare alla logica 

del Piano generale dei Trasporti e della Logistica (Pgtl) del gennaio 2001, 

che faceva riferimento a un’interpretazione su scala regionale 

delle «relazioni fra morfologie sociali, forme insediative e quadri ambientali».

 

Questo comporta che, a partire dalle Regioni dove governa il centro-sinistra, si ponga fine subito ad atti e politiche che, invece, avallano e assecondano l’iter autorizzativo dei progetti preliminari e le procedure accelerate e semplificate approvate in questa legislatura, per realizzare opere su cui si registrano ampie aree di dissenso sul territorio. Sono i casi delle varie tratte ad Av in Piemonte, Liguria e Friuli Venezia Giulia, dei corridoi autostradali tirrenici in Toscana e nel Lazio e del passante autostradale Nord di Bologna.

 

Anche il candidato premier dell’Unione Romano Prodi dovrebbe esprimersi, prendendo chiaramente le distanze dalla logica pianificatoria e progettuale della Legge Obiettivo e cancellando quel grave errore, contenuto nel suo programma per le Primarie, nel quale era scritto che, in questa situazione, sarebbe necessario: «completare le infrastrutture in corso, accelerare quelle già programmate». Ci sono due motivi per cui il programma delle infrastrutture strategiche va subito bloccato:

 

1) perché presenta un elenco infinito di opere (l’Ufficio studi della Camera dei Deputati nella sua ultima indagine pubblicata nel 2005 individua 235 opere e 531 progetti), che non risponde ad alcuna logica pianificatoria ed eco-territoriale;

 

2) perché è insostenibile e inattuabile dal punto di vista economico-finanziario, con i suoi 264 miliardi di euro di costi stimati.Non è un caso che la Legge Obiettivo (l. 443/2001) all’art. 1 sancisca, già dal dicembre 2001, l’abbandono del Pgtl affermando che il programma voluto dal ministro delle infrastrutture Lunardi avrebbe costituito automatica integrazione dello stesso. Ed è stato conseguente che non si sia dato corso ad alcuna Valutazione Ambientale Strategica, Vas, delle scelte da pianificare e reso inoffensiva la valutazione di impatto ambientale, contribuendo all’imbarbarimento della cultura progettuale.

 

E’ emblematico che tutti i meccanismi finanziari messi in campo dal Governo Berlusconi e dalla maggioranza che lo sostiene (da Infrastrutture SpA al tentato assalto alla Cassa Depositi e Prestiti) siano, nella sostanza, falliti di fronte all’abnormità dell’impegno di spesa, previsto per la realizzazione di grandi opere, che nella quasi totalità dei casi non sono sostenute da alcun studio che ne dimostri la redditività.

 

La moratoria nazionale del programma delle infrastrutture strategiche è ineludibile perché solo piani condivisi, procedure chiare e trasparenti e il rispetto di meccanismi partecipativi nella definizione dei progetti possono consentire di creare le condizioni per individuare le vere priorità e di costruire il consenso sulle trasformazioni territoriali.

 

 

* responsabile ufficio istituzionale Wwf Italia

** dipartimento di Urbanistica e Pianificazione del Territorio – Facoltà di architettura – Firenze

 

il manifesto, 18 dicembre 2005

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