Terzo Valico

LE RAGIONI DEL NO AL TERZO VALICO

Ormai non esiste più nessuna ragione valida per dire SI all’Alta Velocità ferroviaria: anche Novi ha solo da rimetterci. Ma è troppo tardi, forse, per dire NO.
Bisognava accorgersi prima che Novi e il nostro territorio non ne avrebbero tratto alcun vantaggio. I comitati e le associazioni contrarie alla linea ad Alta Velocità sapevano già questo: occorreva far tesoro delle esperienze già vissute un po’in tutta Italia da molti comuni che sulla questione Alta Velocità hanno chiesto, hanno ricevuto promesse gratificanti e hanno ottenuto ben poco.
A Novi c’era addirittura qualche illuso che pensava che le FS si sarebbero accollate lo spostamento della stazione ferroviaria con tutte le opere annesse ! I comitati, pur non essendo favorevoli a quest’ipotesi, non sono mai intervenuti sul tema perché intanto sapevano che erano parole inutili, forse solo propaganda elettorale.
Ora ci troviamo a subire un’opera che nasce già mutilata delle gambe e delle ali (e forse anche della testa, come quell’orribile pollo transgenico di un vecchio film di Trintignant: “La morte ha fatto l’uovo”).
Le zampe, ossia in Nodo di Genova, non sono in grado di fare treni adatti ad una linea moderna. Le ali, ossia San Bovo, serviranno solo a far decollare qualche “treno soccorso”: e pensare che
a S.Bovo ci sono 62 binari per 28 chilometri e mezzo di rotaie in grado di ospitare treni merci per tutte le direzioni.
La strategia da tenere per evitarci questa immensa iattura era un’altra, quella che i comitati da anni stanno suggerendo, ossia:
1 – la crescita dei traffici portuali non giustifica una nuova linea con costi economici ed ambientali elevatissimi;
2 – esistono comunque delle valide alternative nell’ammodernamento e nel potenziamento delle cinque linee esistenti fra la Liguria e il Nord Italia.
Non si può continuare a sostenere: «il Terzo Valico ci vuole, ma bisogna farlo passare da un’altra parte». Anche perché è facile prevedere che in un territorio che vanta una delle più alte densità infrastrutturali di tutta Italia le “altre parti” fanno presto ad esaurirsi.
Se una linea non può più passare lungo lo Scrivia, perché viene bocciata dalla Commissione VIA del Ministero dell’Ambiente il 2 giugno del 94 e neppure può passare sulle colline del cortese perché devasterebbe una zona di elevato interesse agricolo, economico, paesaggistico e ambientale, (e così viene ribocciata dagli stessi tecnici il 15 luglio del 98). E se questi tecnici il 5 settembre del 2000 esprimono una pronuncia interlocutoria negativa contro il terzo progetto della linea (quello che passava dentro Novi, chiamato già Alta Capacità o Terzo Valico), valutandolo carente sotto tredici fondamentali aspetti. Non rimane più molto spazio dove farla passare. Non c’è più un’“altra parte”. Non c’è più territorio.
Allora è meglio dimostrare che il forte impatto ambientale, sommato all’ingente costo dell’infrastruttura, non giustifica, a fronte di un’analisi “costi – benefici” la costruzione della linea.

I comitati iniziarono così a lavorare sull’analisi economica dei costi e dei benefici, la quale, secondo l’interpretazione europea delle norme, tradotta in Italia dall’economista Romano Molesti (Economia e Ambiente) deve: «…… riflettere anche il costo pieno complessivo degli effetti sull’ambiente».
I due primi progetti trascorsi della linea Genova – Milano (allora definite “Alta Velocita’” o “Alta Capacita’”) furono bocciati dal Ministero dell’Ambiente anche e soprattutto perché non ne veniva dimostrata l’economicità. A quei tempi i progettisti, costruendo “trend” di crescita della domanda di trasporto che i tecnici del Ministero definirono (eufemisticamente)
«per lo meno fantasiosi», tentarono di farci credere che entro pochi anni i passeggeri del treno ad Alta Velocità della linea Genova – Milano sarebbero stati giornalmente più di 50.000 !
In seguito, nei progetti successivi, la linea fu chiamata ad “Alta Capacità” ed era destinata sia ai passeggeri che alle merci. Allora, a suon di enfatiche dichiarazioni sui media, i sostenitori dell’opera si inventarono, relativamente al traffico merci del porto di Genova, cifre che non avevano alcuna attinenza con la realtà. Usando un trucco stabilirono un trend di crescita del traffico che avrebbe portato al 2005/2010 a 5 milioni di containers all’anno: fu stimata, come crescita “fisiologica” delle merci, un incremento del 18% dovuto unicamente, nel 97, al trasferimento delle banchine della Messina da La Spezia a Genova. Il dato fu poi smentito dalle stesse Ferrovie e dai documenti ufficiali forniti annualmente dall’Autorità Portuale.

I sostenitori dell’ultimo progetto fondano le loro ragioni su tre assunti, entrambi facilmente contestabili:
1 – l’enorme crescita dei traffici portuali delle merci;
2 – le linee esistenti non saranno in grado di smaltire tali traffici;
3 – considerato che lo sviluppo dei traffici sarà da e per l’Europa, occorre fare treni che abbiano una notevole capacità di inoltro delle merci: in Europa viaggiano convogli da 1.200 tonnellate in grado di trasportare 60 contenitori da 20 piedi (detti TEU) che le nostre attuali linee di valico appenninico non sono in grado di sostenere a causa della loro elevata pendenza.

Sul Primo Punto non occorre più approfondirne l’infondatezza; riguardo alla crescita esponenziale dei traffici sono le stesse FS ormai a darci ragione e ad ammettere che il porto non sarà poi così oberato di merci. I comitati hanno provato a costruire un trend di crescita basandosi sui dati degli ultimi anni. Per ragioni di spazio non possiamo esporre tutti i calcoli e i ragionamenti effettuati (chi vuole può consultare le nostre osservazioni presentate al Ministero dell’Ambiente), ma abbiamo concluso che nello scenario a lungo termine, al 2020, il porto potrà movimentare, al massimo, (salvo interventi divini), 2.736.000 TEU. Tuttavia si tratta ancora di una stima esagerata, perché non abbiamo tenuto conto di alcuni importanti fattori economici e sociali, ossia, ad esempio:
– i trasporti non possono essere asetticamente agganciati al Prodotto Interno Lordo in quanto esso si compone di molte voci che prescindono dalla movimentazione materiale di merci: ne fanno parte, ad esempio, gli stessi costi esterni dei trasporti, (rumore, inquinamento, incidenti e congestione) che, secondo il libro Verde dell’Unione Europea, incidono sul PIL per il 5%.
– la capienza dei mercati di beni materiali non può essere infinita (vedi le auto);
– non si può sperare che le risorse siano infinite (da noi, ad esempio, la risorsa “spazio” si sta esaurendo, ad un ritmo sempre crescente, nella proliferazione di grandi centri commerciali), e la tendenza ad una rarefazione delle risorse dovrà inevitabilmente creare una mutazione negli elementi costitutivi del PIL a favore di consumi di massa inferiore o nulla.

Sul Secondo Punto le linee esistenti sono abbondantemente in grado di smaltire i traffici del Porto di Genova negli anni che verranno. Possiamo esporre una breve sintesi della sequenza di alternative proposte dalle Osservazioni presentate dai comitati allo Studio di Impatto. Per chi volesse approfondire lo studio delle alternative esiste una pubblicazione specifica a firma dei comitati e, comunque, le stesse sono esposte sinteticamente nelle osservazioni sopracitate.
Intanto occorre definire quale architettura dei trasporti si vuole favorire nelle relazioni fra il sistema Tirrenico e il Nord d’Italia, passando per la Liguria. Tra la Liguria, il Nord e l’Europa non esistono solo Genova e Milano, ma tre porti, e 5 valichi appenninici, cui fanno da corona 8 valichi alpini.
Non è logico pensare ad
un sistema ferroviario a imbuto dove tutti i traffici, da Ventimiglia, dalla Tirrenica, da Savona, da La Spezia, da Genova e diretti verso la pianura Padana e i valichi di tutto l’arco alpino debbano passare per forza nel corridoio Genova – Tortona ( e Milano).
Si ritiene invece piu’logico
un sistema a ventaglio (o a rete) dove ciascun porto origine- destinazione di traffici diventa funzionale al valico appenninico che gli consente istradamenti più brevi.

Vediamo rappresentato schematicamente questo disegno

1 – Le merci che hanno origine e destinazione nel sistema Tirrenico (da Livorno a Gioia Tauro) e dal porto di La Spezia, e dirette ai valichi di nord-est, al Brennero e agli interporti di Brescia, Verona, Bologna, Parma, Mantova, ecc. interessano prioritariamente la linea Pontremolese, ove i lavori di raddoppio e potenziamento, già in corso da tempo, permetterebbero un incremento di 150 treni al giorno, pari a 1.400.000 TEU all’anno. Addirittura la galleria di valico che riduce la pendenza della linea al 5 per mille potrebbe incrementare il trasporto fino a 2.400.000 TEU.
2 Le merci che hanno origine/destinazione da Ventimiglia e dal porto di Savona trovano il più breve collegamento con Modane attraverso la
Savona–S.Giuseppe di Cairo-Torino. Ma anche per Alessandria, Novara e i valichi di Domodossola e Luino la via più breve passa per S.Giuseppe di Cairo. La linea è interamente a doppio binario tranne un breve tratto a binario singolo tra S.Giuseppe e Ceva (20 chilometri circa). Il raddoppio delle due tratte (via Altare e via Ferrania) offrirebbe una potenzialità residua in grado di ospitare ancora 145 treni al giorno per tratta con una capienza di trasporto annuo complessiva pari a 2.900.000 TEU (senza prendere in esame la doppia trazione.
3 – Le merci che hanno origine/destinazione da Ventimiglia, da Savona e dal porto di Voltri per Alessandria, Novara, i valichi di Domodossola, di Modane, del Sempione e del Lotschberg (ma anche di Pino e del Gottardo) possono usufruire (e già in parte lo fanno) della
Genova – Ovada, considerata dall’Unione Europea una free-way per le merci containerizzate (ossia una linea privilegiata per i trasporti verso l’Europa). Data l’importanza europea della linea, un intervento di raddoppio delle tratte a binario unico farebbe crescere la sua potenzialità residua (oggi ancora notevole) fino a 70/130 treni al giorno, pari a 1.170.000/2.290.000 TEU.
4 – Le merci con origine/destinazione nel porto di Genova possono usufruire della
doppia linea dei Giovi che con opportune modifiche e con gli adeguamenti ed ammodernamenti in corso e in programma può ancora acquistate una notevole potenzialità, (come risulta anche da importanti documenti governativi). La potenzialità residua stimata a seguito dei lavori programmati e’quindi di 150 treni al giorno pari a 2.450.000 TEU all’anno
Così le stime di potenzialità residua dei valichi appenninici liguri, rapportate alla ultimazione dei lavori di ammodernamento e potenziamento degli stessi, portano a considerare che per oltre 50 anni non vi sarà saturazione delle linee ferroviarie, anche in considerazione di un forte aumento della percentuale di trasporto merci via ferro a scapito del trasporto via gomma (50% circa dei traffici attribuiti al treno, contro la ridicola percentuale di oggi).

Il terzo punto, assunto a giustificazione della linea, (la possibilità di fare treni di dimensioni europee), è clamorosamente smentito dallo Studio Trasportistico allegato alla relazione di Studio di Impatto del Terzo Valico. Infatti si legge nello studio preliminare del citato documento, al punto 6.2: «In particolare per i treni merci convenzionali si e’assunto un riempimento medio di circa 400 tonn/treno, mentre la portata dei treni intermodali container (35 TEU pieni /treno) è il valore riscontrato al 1998 e quindi adottato nello studio SIA precedente …….., ed è stato confermato anche per lo studio attuale». Trentacinque TEU significa 11 carri a 4 assi e uno a due assi ( altro che cinquanta) pari ad un peso rimorchiato di circa 400/500 tonnellate a treno !?!
Inoltre lo studio continua affermando che al 2020 sul Terzo Valico potranno viaggiare treni da 14 carri, per un peso a convoglio difficilmente superiore alle 600 tonnellate. Che sono quelli che attualmente viaggiano sulle linee storiche.
Ma allora non era meglio intervenire prima sul nodo?

Questo, in sostanza il riassunto dell’operato dei comitati, i cosiddetti “asini raglianti” che secondo il Ministro Lunardi non avrebbero nulla da dire e che secondo Moretti, dirigente del settore infrastrutture delle ferrovie dicono delle “puttanate” perché nel 2000 le nostre linee devono essere in grado di sopportare treni da 50 carri (?!?……..evidentemente Moretti non aveva ancora letto lo studio trasportistico). Questa è anche la risposta dei comitati a tanti interventi favorevoli alla linea ma del tutto privi di cultura, di analisi e di informazione, permeati solo di categorici “il terzo valico s’ha da fare” di manzoniana memoria. Queste sono le “logiche ambientaliste bucoliche”.
A chi legge l’ardua sentenza.

per i comitati contro l’Alta Velocità
Milano Renato

This entry was posted in Generale. Bookmark the permalink.