Trentunomila no al TAV

Infrastrutture     

Se l’attuale linea ferroviaria può sopportare un trasporto merci di 32mila tonnellate mentre oggi ne passano solo 6, dov’è l’urgenza di costruire una nuova infrastruttura? Una rappresentanza del movimento della Val Susa ha incontrato Romano Prodi per fargli sapere che "non c’è il consenso della popolazione alla costruzione di quest’opera"


"Una giornata positiva". Così Giovanni Vighetti, rappresentante del movimento No Tav della Val Susa, commenta l’incontro di oggi a Palazzo Chigi, nel corso del quale, accompagnati dal ministro della Solidarietà sociale Paolo Ferrero, hanno presentato al presidente del Consiglio Romano Prodi 31 mila firme che chiedono di potenziare la linea ferroviaria esistente.
"La risposta di Prodi- aggiunge- sicuramente è stata interessante nel senso che si è detto disponibile a prendere atto di quella che è la nostra posizione e ha anche richiesto di continuare a essere informato".

Dopo Strasburgo, i no Tav approdano a Roma con lo scopo di far sapere al governo italiano che "non c’è il consenso della popolazione alla costruzione di quest’opera". Un’opera antieconomica, come spiega ancora Vighetti: "Se l’attuale linea ferroviaria può sopportare un trasporto merci di 32 mila tonnellate mentre oggi ne passano solo 6, dov’è l’urgenza di costruire una nuova infrastruttura?". E la proposta che viene dalla Val Susa, vale un risparmio notevole: potenziare la linea esistente, avrebbe infatti costi estremamente modesti, che si aggirano attorno ad un miliardo di euro. Mentre con il nuovo progetto, spiega ancora Vighetti, "i costi si aggirano oltre i 20 miliardi di euro".

L’intero progetto dell’Alta velocità in Italia, lasciando da parte la questione della Torino-Lione, ad oggi ha pesato sulla finanza pubblica per qualcosa come 14 miliardi di euro: la scorsa Finanziaria 2007 era da 31 miliardi di euro e ben 14 erano debiti accumulati nel corso degli anni per la costruzione e la progettazione dei famosi mille chilometri AV sul territorio nazionale.

I valsusini ci tengono soprattutto a ribadire la compattezza del movimento No Tav: "Se una comunità riesce a tenere viva la mobilitazione per anni, vuol dire che le ragioni ci sono, e nelle nostre manifestazioni, anche con 40-50mila persone, hanno partecipato certamente elementi esterni, ma ci sono sempre stati soprattutto i cittadini della valle", spiega Claudio Giorno. "Abbiamo dimostrato coi fatti – per esempio in occasione della chiusura del traforo del Frejus e il passaggio dei mezzi pesanti nella nostra valle – di essere una popolazione aperta e disponibile, ma non siamo anche arrendevoli".

"Considero positivo che l’incontro ci sia stato e che il presidente del Consiglio abbia accettato di ricevere i comitati contro la Tav, e penso che questo dialogo sia un parte della realizzazione del programma che prevede su questa materia la necessità di valutare le diverse opzioni possibili sul potenziamento del trasporto merci su rotaia, ma di farlo in un contesto in cui si dialoga con le popolazioni". Lo dice Paolo Ferrero, ministro della Solidarietà sociale, che si è adoperato affinché si svolgesse l’incontro a palazzo Chigi. Il governo precedente, aggiunge Ferrero, "mandava unicamente la forza pubblica, questo governo discute. Un anno fa – rivela – io ero a Venaus a dormire in macchina per tutelare la possibilità di non far partire il cantiere, oggi sono qua a lavorare a far dialogare su questa materia".

Certo, se cambia progetto, la nuova soluzione potrebbe non essere adeguata a quella per la quale i francesi stanno già scavando un tunnel. "Le risorse sinora spese dai francesi sono assai limitate rispetto al complesso degli investimenti previsti", valuta Ferrero. La soluzione prospettata dai movimenti No Tav "permette di portare a 6 volte, rispetto all’attuale, il trasporto di mezzi su rotaia, da 6mila a 32mila tonnellate, 5 volte abbondanti, con una spesa molto inferiore, quindi è concretamente una proposta di politica di risparmio di spesa pubblica e di ammodernamento della rete ferroviaria esistente". E c’è chi suggerisce che varrebbe la pena di spiegarlo a Di Pietro. "Lo faremo – risponde Ferrero – ma va sottolineato che questa delegazione è venuta a Roma a dirci che la valle non è d’accordo e che è partito il dialogo, in qualche modo, e questo mi sembra importante".

I valsusini non si fermano. Presto partiranno alla volta di Parigi. Obiettivo: consegnare le firme anche a Sarkozy. "Tenetemi informato" gli avrebbe detto Prodi che poi ha spiegato: "Se riuscite ad incontrare il premier francese fatemi sapere come si fa, io stesso ho difficoltà al riguardo".



Ida Rotano,  31 ottobre 2007

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