In treno con chi è costretto a spostarsi tutti i giorni. Rabbiaa e proteste
Il popolo dei viaggiatori: investono solo sull’Alta velocità, del resto se ne fregano
Pendolari, il castigo dei ritardi
ogni anno settanta ore a testa
ATTILIO BOLZONI
NOVARA – C’è ancora buio alla stazione di Novara. Una folla silenziosa scivola nei sottopassaggi e riemerge a colonne sulle banchine, uomini e donne in fila indiana. Incappucciati per il freddo, le borse in mano, lo zainetto in spalla. Sono tutti pendolari. L’altoparlante, la mattina di giovedì 8 febbraio, comincia presto a dare brutte notizie: "Il treno proveniente da Torino Porta Nuova arriverà con venticinque minuti di ritardo". Passa neanche un quarto d’ora e quella voce metallica si fa risentire: "Il treno proveniente da Milano Porta Vittoria arriverà con quindici minuti di ritardo". La giornata è appena iniziata – sono le 7 – e i convogli stracarichi del profondo Nord scompaiono fra nebbie e binari.
Se i treni a lunga percorrenza sono per gli italiani fonte di disperazione a intermittenza, quelli dei pendolari sono un castigo quotidiano. Per ogni passeggero che sceglie la ferrovia per spostarsi ce ne sono almeno otto che ogni mattina la prendono per raggiungere uffici, fabbriche, scuole. È un popolo stravolto. Seviziato dai ritardi, immobilizzato nei vagoni, in balia di scassatissimi locomotori e tratte soffocate da se stesse. Sulle rotaie dei pendolari corre solo la rabbia.
Il nostro treno è il numero 10657 per Milano Porta Garibaldi. Parte come un razzo alle 7,17 dalla stazione di Novara, si riempie come un uovo a Magenta alle 7,34, si comincia a svuotare a Milano Lancetti alle 8, a Milano Porta Venezia ha i soliti quattro minuti di ritardo. "È sempre così, ogni mattina su ogni treno che entra in città", racconta un ingegnere che da un quarto di secolo fa su e giù da Lecco. Un’ora e mezza per andare e un’ora e mezza per tornare. Treno e poi metro per arrivare dalle parti del Duomo. Sta in carrozza circa 700 ore l’anno, sono quattro settimane. E accumula in ritardi, di dieci minuti in dieci minuti, quasi tre giorni. "Faccio questa vita dal 1983 e devo dire che questi treni vanno peggio di venticinque anni fa", ricorda l’ingegnere Giorgio Dahò, uno dei portavoce di quei 350 mila pendolari lombardi che poco dopo l’alba e al tramonto invadono le stazioni di Brescia, di Piacenza, di Cremona, Lodi, Pavia e Novara.
I vagoni del treno 10657 per Milano Porta Garibaldi sono sette. Fa freddo, uno è senza riscaldamento. Anche la porta del bagno di un altro vagone è sbarrata. I vetri sono sudici, il pavimento scivoloso. Stiamo arrivando a Rho e G. S., uno che passa sempre da qui, fa sapere quello che di solito accade prima di entrare nella stazione: "Il controllore fa un giro dei vagoni e avvisa tutti: "State attenti, siamo a Rho…"". Significa che c’è il pericolo di finire in mezzo ai binari mentre passa un altro treno. La stazione di Rho è troppo corta e ci sono convogli troppo lunghi. Così gli ultimi tre o quattro vagoni si fermano dove le banchine sono già finite e si distendono solo i binari. I pendolari scendono di corsa dal loro treno, si ritrovano sulle rotaie con il rischio di venire trascinati dal primo locomotore che sfreccia. Aggiunge ancora G. S. "E se c’è uno straniero che non comprende la nostra lingua, se c’è qualcuno distratto, uno che non sente bene, che fa? Muore".
Ci sono treni che partono dappertutto e che arrivano dappertutto. Ce ne sono tanti. Tutti che si incrociano e si inseguono e si rallentano fra loro lungo 1881 chilometri di rete in Piemonte e 1569 chilometri in Lombardia. Le linee più disastrate sono tre: la Novara-Milano, l’Asso Nord-Milano Cadorna, la Luino-Milano. "E io con le mie 50 ore di ritardo annuo mi ritengo anche fortunato", si consola l’ingegnere Dahò. C’è chi alla fine dei conti ammucchia fino a 70 o 75 ore. Sul posto di lavoro arrivano sempre dopo. Per colpa delle ferrovie perdono giornate, chiedono permessi. Il danno economico di ogni pendolare si aggira mediamente fra i 400 e i 500 euro l’anno.
Ma i minuti "ballano" sulle rotaie di Trenitalia e delle Ferrovie del Nord. I pendolari denunciano ogni giorno ritardi infiniti, protestano, a volte occupano i binari. I dati ufficiali di Trenitalia al contrario parlano di una puntualità del 90 per cento nel 2006 con punte – mese di aprile – del 91,8 per cento. Il mese peggiore sarebbe stato dicembre: 87 per cento. A gennaio e in questi primi giorni di febbraio i treni secondo le Ferrovie viaggerebbero in orario quasi al 90 per cento. È la guerra dei numeri.
L’ingegnere Dahò apre il suo computer e cerca il file di gennaio 2006. Schemi, orari, tragitti, tabelle. Ogni giorno l’ingegnere fa il suo monitoraggio personale. In tempo reale. Mentre sta sul suo treno che avanza con fatica verso Milano. In una colonna c’è l’orario ufficiale di Trenitalia, nell’altra il suo.
Mercoledì 23 gennaio: "Carnate 7,33-7,41; Monza 7,45-7,53; Sesto 7,51-7,59; Milano Porta Garibaldi 8,05-8,11…". Sei minuti di ritardo. Erano dodici martedì 23 gennaio. Erano quattro giovedì 25 gennaio.
"La verità è che non hanno alcuna attenzione all’utente, l’utente è l’ultimo dei pensieri di chi amministra le ferrovie e la Regione fa politica di immagine: mette anche treni che non ci servono", accusa il portavoce dei pendolari lombardi che è anche nel Coordinamento regionale dei consumatori utenti.
Le associazioni dei pendolari sono in rivolta. Hanno i loro siti. Si scambiano nel web dati sulla "malaferrovia", ricevono migliaia di segnalazioni ogni giorno. Ci sono quelli di Piacenza, quelli di Domodossola, di Brescia e di Lecco. Danno consigli utili su "come opporsi alle amministrazioni negligenti", hanno una mail speciale "per chiedere la rimozioni dei dirigenti Fs", l’indirizzo "per contrastare il nuovo orario" e quello per le proteste. Tutti raccontano le loro disgrazie ferroviarie. Il treno cancellato all’improvviso, il ritardo bestiale, il vagone congelato o infuocato. Hanno perfino un archivio dove le conservano tutte, le loro lamentele.
Ci sono più treni di una volta sulle linee maledette dei pendolari della Lombardia. "Ma sono più lenti, le Ferrovie investono nell’Alta Velocità che è soltanto il 5 per cento dei treni e se ne fregano del resto", dice ancora l’ingegnere Dahò.
Ma non sono i treni super veloci o gli Eurostar che fanno andare più piano i convogli dei pendolari. E neanche i doppi o i tripli o quadrupli binari che non ci sono. È la gestione della linea. Se nessuno la cura ora dopo ora, i treni non arrivano mai in orario. Quello che prende ogni mattina e ogni sera l’ingegnere Dahò non perde minuti dove dal 1984 stanno "ultimando" – fra Cannate e Calolzio – il raddoppio dei binari. Ma più avanti, dove i binari prima sono due e poi quattro.
Fanno le barricate, nascono comitati di lotta in ogni città, organizzano scioperi del biglietto, ingaggiano avvocati per azioni legali. E di continuo si "interrogano". Sulla pulizia dei loro vagoni, sull’affollamento, sulla scortesia dei controllori, sulla sicurezza. E naturalmente sui ritardi. Ci sono treni di pendolari che arrivano in orario un giorno in tre mesi, quattro o cinque volte l’anno.
(16 febbraio 2007)