disastro dei conti pubblici

Modello contrattuale e finanziario di TAV e disastro dei conti pubblici futuri

Intervento di ERASMO VENOSI

 

Erasmo Venosi è membro del Comitato Scientifico della conferenza permanente dei Sindaci per le tratte ad AV del Nord Est

Il dibattito sull’alta velocità ferroviaria è riferito dal sistema dell’informazione attraverso l’esposizione puntuale e rigorosa d’analisi tecniche che riguardano i problemi della mobilità di persone e merci, sul contributo che le infrastrutture forniscono per lo sviluppo economico e infine sulle soluzioni approntate.Gli strumenti per implementare le soluzioni, per risolvere quei problemi risultano nell’ombra più totale, ritenendoli forse tutto sommato marginali rispetto al rigore cartesiano applicato alle analisi e alle soluzioni elaborate.. Però sono gli effetti prodotti da quegli strumenti che, alla fine, incidono pesantemente sul futuro delle persone e nella carne viva della gente. La scelta dell’Alta Velocità risale al 1986. Il CdA dell’Ente FS deliberò nella seduta n.3 del gennaio 1986, il potenziamento degli assi principali e la loro realizzazione attraverso una “T” costituita da: la trasversale pedealpina padana, Torino–Venezia e la dorsale centrale Milano–Napoli e successivamente fu aggiunta l’antenna Genova–Milano. Poi si sono deliberate altre tratte: la Battipaglia–Reggio Calabria e la Venezia–Trieste. Questo è l’intero sistema Alta Velocità che è parte del corridoio europeo cinque Barcellona-Kiev e del corridoio uno Berlino-Palermo. Il costo industriale è pari a 90 miliardi d’euro. La TAV Spa come società nasce il 25 marzo 1991 con la legge n. 98; questa società ha un capitale costituito per il 60% privato e per il 40% pubblico. Il 40% appartiene a FS e nel 60% si concentrano 21 banche che avrebbero dovuto finanziare attraverso il project finance l’intero progetto dell’Alta Velocità, il cui costo allora era – solo per quelle tratte, la famosa “T” – di circa 18.000 miliardi di vecchie lire. A tale cifra andava aggiunto il costo dei nodi di Milano, Venezia, Bologna, Roma, Napoli, Torino, Verona, più il materiale rotabile: tutto l’attuale materiale rotabile è inutilizzabile sulla nuova linea ad Alta Velocità e infine andavano computati i costi di struttura della TAV. Complessivamente, 26.000 miliardi di vecchie lire. La prima anomalia sul piano giuridico è costituita dall’oggetto della concessione. Progettazione, costruzione e sfruttamento economico: non esiste un concessionario che ha lo sfruttamento economico di una concessione. Il concessionario gestisce l’opera, anticipa parte dei capitali e, attraverso la gestione, con il connesso rischio, rientra del capitale investito. La seconda anomalia era che già allora la maggioranza era tutta pubblica, e che tra le 21 banche la gran parte era di diritto pubblico e che le FS erano presenti con il 45% nel capitale sociale di TAV ed erano proprietarie della Banca delle Comunicazioni che partecipava alla TAV Spa con il 5,5%. Quindi, è sempre stato un finanziamento prevalentemente, o quasi unicamente, pubblico. Nel corso degli anni ci sono stati vari interventi degli organismi deputati ai controlli; mi riferisco all’Autorità garante della concorrenza del mercato, nel 1996 (pronunciamento n. 3526) e pubblicamente il 13 febbraio 2002. L’Autorità ha denunciato apertamente queste anomalie contrattuali. Addirittura c’era qualcosa di veramente improponibile in una democrazia occidentale; l’articolo 25 della convenzione che attuava il rapporto di concessione stabiliva un rendimento «certo» per gli azionisti. Una azione che per definizione è capitale di rischio è trasformata in un «BOT», un buono ordinario del Tesoro, in un «buono ordinario postale» che aveva garantito il rendimento. Il terzo atto modificativo della convenzione annulla questo rendimento certo. Poi, nel 1998, la grande bugia del finanziamento privato prevalente, e della maggioranza privata viene meno… Le FS e poi la società che gestisce la rete – la RFI, Rete Ferroviaria Italiana, – rileva il capitale dei soci privati e la TAV spa diventa completamente pubblica ossia di proprietà di RFI. Ma le cose non andavano per il verso giusto. Comunque i costi erano insostenibili, comunque il trattato d’Amsterdam aveva sancito i parametri macroeconomici di finanza pubblica che non potevano essere superati; era stabilito che il massimo indebitamento, quindi il saldo tra le entrate e le uscite di competenza dello Stato, non poteva eccedere il 3% di tutta la ricchezza prodotta durante l’anno. Il problema da risolvere era come portare fuori dei conti di bilancio pubblico le spese della TAV. Viene costituita una società di diritto privato ma di proprietà pubblica o prevalentemente pubblica, tra le tante, la Infrastrutture Spa (Ispa) come la Patrimonio Spa, la Quadrilatero Spa, Anas Spa e anche quella per la valorizzazione delle carceri non più utilizzate e la chiamano Dike-Aedifica Spa. Ispa è una società di proprietà della Cassa Depositi e Prestiti, la quale a sua volta è per il 70% nelle mani del Ministero dell’Economia e per il 30% nelle mani delle Fondazioni bancarie. Ispa ha il compito di finanziare le opere strategiche, in particolar modo e prioritariamente il sistema dell’Alta Velocità. Con una tecnica nuova. Quella del cosiddetto «patrimonio segregato», che vuol dire: «Senti… se fallisce l’opera, tu non puoi rifarti sul capitale sociale (3,5 miliardi d’euro) di questa società. No tu sei garantito dai proventi del traffico, quindi dalla vendita di biglietti e di merci, e l’integrazione sullo sbilancio tra i ricavi e i costi l’assicura lo Stato» attraverso quanto disposto dall’art. 75, legge 289/2002, che è la Finanziaria per il 2003. In più lo Stato si fa carico, per cinquant’anni, della manutenzione ordinaria e straordinaria della linea ad Alta Velocità e garantisce anche l’equilibrio finanziario e patrimoniale di RFI. Questa serie d’anomalie – se volete: di esternalizzazione e sequestro del futuro di tanti ragazzi, ma anche degli attuali cittadini – ha la sua origine e legittimazione in dieci anni d’iter legislativo, ma anche nella totale “irresponsabile” afasia, nell’atteggiamento di chiusura che – sia a destra, sia a sinistra, sia al centro – si è realizzata sulla questione dell’Alta Velocità. Tutti sanno quello che io vi sto dicendo. (Alcuni rilevanti passaggi sulla vicenda non sono di pubblico dominio come l’audit su TAV chiesto nel 1992 dagli allora ministri Reviglio e Tesini alla Coopers & Lybrand o il risultato dell’analisi dell’Unità Tecnica per la finanza di progetto che ai sensi dell’art. 7 del contratto di programma 2001-2005 tra FS e Ministero aveva operato una valutazione complessiva dell’a.v. per la tratta Roma_Napoli. E ancora le dichiarazioni del primo presidente di Tav Portaluri ai magistrati di Perugia che chiedevano le ragioni delle “sue dimissioni”: erano stati i contrasti con i grandi gruppi bancari persenti nel capitale sociale di Tav che volevano le consulenze generali del Credit Lyonnaise e la “pretesa” di Portaluri di acquistare i progetti definitivi dai general concractor per metterli poi a gara).Adesso tenteremo anche di quantificare l’onere del debito che si avrà solo per la Torino–Milano–Napoli, dal 2009. Premetto che i contraenti generali, questi soggetti unici di contrattazione che hanno in appalto, in concessione le linee… e sono la Fiat con i Consorzi Cavet e Cavtomi, l’ENI attraverso i consorzi Cepav uno e due, l’IRI con Iricav s’impegnano con prezzi chiusi e non rinnovabili. La Torino – Milano – Napoli, all’atto della presentazione del progetto Alta Velocità, 9 agosto 1991 – tutto ciò che è straordinario in questo Stato avviene nel mese d’agosto, da molti anni a questa parte – comprensiva di tratte e nodi, costava circa 9,2 miliardi d’euro. Oggi, attraverso l’ultimo atto d’aggiornamento, di quello che è il Piano di Priorità degli investimenti delle ferrovie, siamo a 30,2 miliardi d’euro.

Attenzione: questo è solamente il costo delle tratte e dei nodi (peraltro a mio giudizio i costi dei nodi di Milano, Torino e Napoli sono stati portati fuori dal finanziamento dell’alta velocità e imputati a FS.); bisogna aggiungerci l’infrastrutturazione aerea… c’è una linea a diversa tensione da quella della linea storica, più una linea della «ausiliaria» (feeder) a fianco, del costo di circa 3,4 milioni d’euro a chilometro; in più, il costo dell’elettrodotto di servizio, che per cause tecniche bisogna costruire perché si è nell’impossibilità, per le caratteristiche del carico elettrico (carico monofasico), di poter utilizzare l’elettrodotto attuale, e il costo di riconversione di tutto il materiale rotabile, che dovrà essere acquistato come nuovo, o riconvertito da quello attuale per poterlo utilizzare sulle tratte ad Alta Velocità, e che possiamo quantificare in 7 miliardi d’euro.

La Torino–Milano–Napoli, ha un tasso di finanziamento del 5,65%, un tempo d’ammortamento di 30 anni, e pertanto, se vi fate il conto, vi viene una rata di 2,124 miliardi d’euro annui, ai quali vanno aggiunti 29 milioni d’euro come costo di gestione della circolazione dei treni ad Alta Velocità.

 

I ricavi ipotizzati nel piano finanziario FS, ammontano a 47 miliardi d’euro in 52 anni. Quindi per la Torino–Milano–Napoli, si avranno ricavi pari a 900 milioni d’euro, ma è una stima ottimistica. Adesso vi dimostrerò perché.

L’onere a carico della finanza pubblica sarà pari alla differenza tra la rata di ammortamento del debito 2,124 miliardi e i ricavi d’esercizio che sono 900 milioni di euro; mediamente avremo circa 1,3 miliardi d’euro dal 2009 e per 30 anni.

 

A questo dovete sommare la Genova–Milano, i cui ricavi coprono i costi, solo per il 15%.

Sommate i 5,1 miliardi della Milano–Verona, i 4,2 miliardi d’euro della Verona–Padova, i circa 6,7 miliardi d’euro della Venezia–Trieste e i 22 miliardi d’euro della Battipaglia–Reggio Calabria, se mai si farà.

 

Ma i 900 milioni d’euro, da dove derivano, su base annua? Da un’ipotesi di traffico che è molto, ma molto ottimistica. Vengono ipotizzati sulla Torino–Milano–Napoli 12,5 miliardi di passeggeri/km/anno che derivano dalla seguente stima.

Se io sono il gestore di un servizio ferroviario e faccio 10 treni all’anno che fanno 100 km, dirò che ho fatto un’offerta di 10 x 100… di 1000 treni-km passeggeri all’anno.

Se noi ipotizziamo un treno viaggiatori ogni 15 minuti, ne vengono 4 in un’ora in un senso, e 4 nell’altro, fanno 8.

Se io ipotizzo l’uso per 12 ore per 365 giorni e per l’intero chilometraggio Torino-Milano–Napoli, che è di 1.012 km, io ho un’offerta di 35 milioni di treni-km passeggeri l’anno.

Se poi ipotizzo un treno merci ogni mezz’ora, e per 8 ore, alla fine avrò altri 12 milioni di treni- km merci all’anno.

L’offerta totale ferroviaria sulla linea Torino–Milano–Napoli sarà di 47 milioni di treni-km l’anno. E questa è proprio la stima che fa RFI in una previsione ottimistica, cioè di sviluppo massimo della domanda di trasporto che implica un tasso d’incremento del PIL di circa il 2,5% l’anno.

Determiniamo adesso le modalità seguite per il calcolo dei 12,5 miliardi di passeggeri/km/anno.

Consideriamo che un elettrotreno ha 584 posti… e valutiamo che mediamente è utilizzato al 60% (questo parametro si chiama coefficiente d’occupazione ed è pari al 40% nel CNT e nel PGTL), ossia i posti occupati saranno 350 che moltiplicati per l’offerta di 35 milioni di posti restituisce come risultato proprio 12,5 miliardi di passeggeri-km l’anno. Questo è lo scenario alto previsto da RFI. Incidentalmente va rilevato che questo valore, rappresenta il 44% di tutta la domanda di trasporto ferroviario ipotizzato dal Piano Generale dei Trasporti al 2015. Quindi, la metà di tutta la massa dei trasporti sarà messa sulla Torino–Milano–Napoli, e il 60% parte da Torino e va a Napoli.

 

Ma quanto inciderà nei costi dei biglietti un tale scenario ? L’Infrastrutture Spa ha fissato in 12 euro a treno- km passeggeri il pedaggio che TAV deve pagare a RFI perché ci sia un minimo d’equilibrio finanziario. Quindi, quei 35 milioni di treni-km per 12 euro a treno-km determinano un costo da pedaggio per l’uso delle infrastrutture sulla Torino–Milano–Napoli pari a circa 420 milioni d’euro. Rapportando tale valore complessivo del pedaggio ai 12,5 miliardi di passeggeri per km/anno, si ottiene l’incidenza a km per passeggero che è pari a 3,5 centesimi d’euro; cioè il solo pedaggio incide per il 45% del prezzo chilometrico del biglietto Eurostar di seconda classe oggi, Milano–Napoli.

 

Ma può essere mai possibile che soltanto il pedaggio sia quasi la metà dell’introito medio delle Ferrovie oggi? E i costi di struttura? E del personale?. E il profitto del vettore? Non casualmente, il ministro ha già parlato di crescita non solo del biglietto sulla linea ad Alta Velocità, ma anche del biglietto sulla rete convenzionale. Nei piani finanziari è stato stabilito che il ricavo medio sulle nuove linee dovesse essere, in lire del 1997, pari a 140 lire a km; le lire riconvertite e attualizzate, corrispondono a circa 9,9 centesimi d’euro. Quindi, anche qui potete rapportare i 3,4 centesimi d’euro di solo costo di pedaggio ai 9,9 centesimi d’euro: l’incidenza del pedaggio delle infrastrutture nell’ipotesi che i treni siano occupati al 60% è pari a oltre il 34%.

L’ipotesi realistica è che i terni siano occupati mediamente al 40%, quindi l’incidenza del pedaggio sale circa il 60%. Appare di solare evidenza l’insostenibilità del modello finanziario architettato con le “omissioni “ gravissime nella costituzione di TAV, nel ’91; risultano irresponsabilmente ignorati sia i reiterati interventi dell’Autorità garante della concorrenza del mercato e sia le delibere della Corte dei Conti, quanto quelli dell’Associazione Nazionale Costruttori Edili, che affermano: acquistare, pagando la penale del 3%, i progetti definitivi che hanno i Concessionari, e indire la gara internazionale ».

 

L’unica gara fatta in questo Paese e relativa all’Alta Velocità… sul nodo di Bologna, e per 7 km… c’è stato un ribasso d’asta del 48%. Gli spagnoli per la Madrid_Siviglia hanno fatto la gara internazionale che è stata vinta ai principi degli anni novanta con un costo a chilometro inferiore del 60 % ai costi italiani a.v. degli anni 90 ! Sul nodo do Bologna la gara ha quasi un dimezzato il costo posto a base d’asta dalla società d’ingegneria di FS . Dopo una verifica durata nove mesi, in contraddittorio con la società d’ingegneria Italfer viene dichiarato congruo il ribasso d’asta. Quindi, interesse generale… si fa per dire; o comunque, lungimiranza politica avrebbe dovuto indurre tutti quanti a ripensare l’intero progetto Alta Velocità. Ma non si fa e speriamo che non si avveri quanto detto dall’avv. Necci il 24 novembre del 1995 a Pietrarsa ove si tenne il forum “ Mezzogiorno di ordinario sviluppo.Crescere con il sud” : “ (…) le ferrovie tedesche stanno investendo 300.000 mld per unire est e ovest del Paese. (…) se si parla di entrare in Europa le risorse devono essere di quell’ordine di grandezza “. Dai 26.000 miliardi di lire di allora siamo ai 90 miliardi d’euro di oggi e comunque siamo sulla buona strada per validare la profezia di Pietrarsa.

 

Infine in ossequio alla verità storica parlerò del corridoio cinque .

Questo corridoio ad alta velocità, non l’ha inventato il Parlamento Europeo, non l’ha inventato la Conferenza di Helsinki. Nasce da quell’accordo multilaterale – la famosa “quadrangolare” che oggi si chiama Iniziativa centro Europa e raccoglie 17 Stati – del 3 marzo 1989 tra Austria, Ungheria, Slovenia e Italia, e dove il ministro degli esteri, Gianni De Michelis parlò di una direttrice est – ovest di penetrazione dell’Italia all’interno dei paesi dell’Est, e fu coniato anche un termine fantasmagorico: «Alternativa al corridoio carolingio» – queste erano le parole; il collegamento dalla penisola iberica all’Ucraina fu poi ratificato, nella Conferenza Pan Europea di Corfù e nella Conferenza di Helsinki del 1999.

 

Dalla Spagna all’Ucraina le merci su una relazione che si vuole velocissima , dovranno fare tre cambi di carrelli; perché lo scartamento spagnolo è di 1.676 mm, dalla Francia fino ad un chilometro dal confine ungherese è di 1.435 mm, poi ricambiamo di nuovo perché passiamo ad uno scartamento di 1.524 mm.

Questo è il «corridoio 5».

Inoltre si passa dall’alimentazione a 25 kv in alternata del Portogallo al 3000 volts in continua della Spagna. Si entra in Francia dove l’alimentazione è a 1500 volts in continua e 25000 volts in alternata e sulla Lione–Parigi non potranno mai andarci perché è linea specializzata passeggeri, infatti, la pendenza della linea è del 35 per mille. Poi entrano in Italia e anche qui trovano due alimentazioni a 3000 volts in continua e a 25000 volts in alternata quando e se sarà costruita tutta la To-Mi-Ts.

Da Trieste a Kiev, ferroviariamente parlando, c’è un deserto lunare. I detentori delle tratte avute in concessione a trattativa privata detengono il 70% dei mezzi di comunicazione di massa. La gran parte dell’informazione è elaborata dai proponenti l’opera e veicolata su una struttura “ coerente” con i general concractor. Sarebbe troppo bello avere degli editori puri in Italia come avviene con la Frankfurter Allgemeine Zeitung o il New York Times e il Washington Post ma ci accontenteremmo di avere non dico degli eunuchi ideologici ma almeno degli informatori e non opinionisti affetti da “ priapismo” interessato.



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